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Cos’è il modernariato?

 

Il termine modernariato nasce come un neologismo sulla falsariga della parola antiquariato perché, come quest’ultimo, si riferisce al collezionismo, al commercio e allo studio di tutti quei mobili ed oggetti in genere che sono testimonianza di una ricerca di arte e bellezza anche nel mondo dell’arredamento. Quando parliamo di modernariato, però, stiamo certificando una cesura rispetto all’antiquariato perché le tecniche di produzione degli arredi di modernariato hanno caratteristiche proprie e innovative: la produzione industriale in serie e il concetto di design, in cui è centrale la figura dell’architetto che idea e progetta prendono il posto della capacità tecnica artigianale ed artistica dell’ebanista nella bottega antica.

In effetti, il '900 fu un secolo di grandi innovazioni tecnologiche, spesso nate nel contesto militare delle guerre mondiali, e l'accumulo di tali conoscenze e tecnologie fu alla base della terza rivoluzione industriale. Gli anni del boom economico, nel secondo dopoguerra, videro l'affermarsi dell'industrial design. Grazie alle nuove tecnologie, i prodotti industriali divennero sempre più accessibili e alla portata di tutti. ​In sintonia con lo sviluppo industriale, cambiò anche il gusto comune, in opposizione allo stile classico e barocco che aveva caratterizzato l'800. Concetti come funzionalismo e razionalismo si diffusero nella cultura generale, i nuovi metodi costruttivi moderni dettarono le basi della nuova estetica. In Italia, in particolare, la spinta alla modernizzazione e alla industrializzazione arriva un po’ in ritardo rispetto ad altri paesi, ma ha una propulsione fortissima negli anni ’50, con peculiarità strepitose. Se, da un lato, si arriva alla produzione di oggetti per il consumo di massa per la prima volta, dall’altro l’importante e radicata tradizione nostrana nelle arti decorative e, in generale, il gusto italico del bello, preservano comunque le istanze di esclusività e bellezza anche nella produzione seriale. Il design italiano degli anni ’50 quindi, è la felice sintesi della spinta economica e tecnologica della terza rivoluzione industriale con il profondo senso estetico che, in Italia, nasce e si sviluppa nelle botteghe artigiane a partire dal Rinascimento. Ecco, perciò, il modernariato: perfetta combinazione di modernità, design, industria, da un lato e architettura, tradizione, arte, dall’altro.

Riassumendo, viene definita modernariato la produzione industriale proveniente prevalentemente dalla seconda metà del ‘900; senza nessun dubbio il periodo più innovativo è compreso tra gli anni ‘50 e gli anni ’70, con probabilmente un apice negli anni '60, però le tendenze artistiche nascono e si sviluppano a partire dagli anni ’30 e ’40 e proseguono almeno per tutti gli anni ‘80. Ovviamente, c’è tutta una storia fatta di persone geniali e condizioni socioeconomiche specifiche che ha portato a un’evoluzione nello stile e nelle tecniche di realizzazione dei mobili di modernariato. È una storia affascinante che ci ha regalato prodotti cha lasciano a bocca aperta e Di Mano In Mano Modernariato Milano è il posto giusto per scoprirla e toccarla con mano! Continua a leggere e a seguirci per scoprire che cos’è il modernariato.

 

Modernariato, design, vintage, retrò: facciamo chiarezza

 

La parola modernariato nasce dal calco della parola antiquariato e si riferisce allo studio e al collezionismo di mobili e arredi realizzati tra gli anni ’30 e, generalmente, gli anni ’80 del Novecento con alcune caratteristiche peculiari. L’arredamento di modernariato nasce dall’incontro di diverse istanze: una secolare tradizione artigianale nelle arti decorative, l’organizzazione industriale della produzione in serie, la disponibilità di nuovi materiali e tecnologie, la ricerca del bello e dell’esclusività anche negli oggetti e mobili di uso quotidiano, un ambiente fertile per il dibattito tra designer … e la collaborazione di tutti questi fattori!

Vintage è un termine che, al contrario, deriva dal francese per vendemmia e sta a indicare le “annate migliori”. Quando si parla dunque, per esempio, di oggetti vintage anni ’50 ci si riferisce ai migliori prodotti della ricerca stilistica creati in quegli anni e diventati ormai classici. Allo stesso modo, gli oggetti vintage anni ’70 sono quegli oggetti che hanno fatto la storia e hanno segnato lo stile di quel decennio. Infine, bisogna tenere presente che Vintage si utilizza anche, in senso più tecnico, ai vestiti di alta qualità risalenti allo stesso glorioso periodo del modernariato.

Con il termine oggi molto comune design si indica una particolare modalità di progettazione di oggetti design e arredamento design in genere che si sforza di unire la progettazione in serie, l’utilità e la ricerca creativa di bellezza. In questo senso, si può usare la parola design per riferirsi a tutti i mobili design che sono stati costruiti con processi almeno parzialmente industriali, e quindi si copre un arco temporale che va dall’’800 ai giorni nostri.

Infine, il termine retrò indica semplicemente un oggetto, un mobile o un vestito che abbia un gusto e uno stile che si rifà ai decenni passati, indipendentemente dalla sua realizzazione anche più recente se non contemporanea.

 

Dove comprare modernariato? Online, ma non solo

 

Comprare un mobile di modernariato non è un’operazione banale: trattandosi di prodotti ormai fuori produzione, non è sempre facile poterli reperire in poco tempo o contare su una vasta scelta. Con Di Mano In Mano Milano catalogo, queste difficoltà, se non superate, sono molto ridotte: abbiamo uno dei più importanti e riforniti negozi di modernariato a Milano, in Viale Espinasse 99, in collaborazione anche con il brand Spazio900, e contiamo su un catalogo di mobili modernariato on line che aggiorniamo quotidianamente con nuovi arrivi.

Il design a Milano ha una dei suoi centri storici e noi, che da decenni trattiamo mobili ed oggetti usati, possiamo testimoniarlo e cerchiamo di rendergli onore. Avevamo iniziato con un piccolo mercatino di modernariato, ma, negli anni, scoprendo e apprezzando sempre di più il mondo del modernariato e grazie alle possibilità del mondo online per il design, abbiamo ampliato la nostra attività e adesso contiamo su un grandissimo catalogo di modernariato online con centinaia di pezzi che chi visita il nostro negozio di modernariato a Milano o lo showroom di Cambiago può vedere “dal vivo”.

Gli anni del boom economico sono stati gli anni anche dell’apice del modernariato e il loro centro è stato senza dubbio Milano. In quel periodo, ci fu una sinergia tra capacità artigiane, sviluppo industriale, nuova sensibilità artistica e antica tradizione decorativa che ha reso Milano la capitale del modernariato anni ’50. Per questo, la nostra attività di riscoperta e valorizzazione di cose non poteva non focalizzarsi su questo aspetto. Per trent’anni, almeno, cioè fino a tutta l’epoca d’oro del design, il fermento e la creatività dei designer ha trovato negli studi cittadini il luogo ideale dove svilupparsi. In effetti, il modernariato anni ’70 vede ancora attivi nuovi creativi e maestri affermati nella nostra città, producendo ancora pezzi che hanno fatto la storia del design e che puoi trovare nel nostro negozio di design a Milano.

Negli ultimi anni, con lo sviluppo del mercato digitale e della compravendita online, è sempre più facile costruire il proprio arredo di design online, confrontando velocemente vari mobili di design online, e trovare quello che corrisponde esattamente a quello che cerchi. Il nostro shop di modernariato online è costruito proprio su queste esigenze: puoi cercare i mobili selezionando la tipologia o il materiale o il designer che preferisci, e comprare direttamente o contattare l’assistenza clienti per fissare un appuntamento in uno dei nostri negozi di modernariato per vedere e toccare fisicamente gli arredi di design che ti avevano catturato online.

 

Quali sono i principali arredi di modernariato?

 

Possiamo dire che il periodo di modernariato non si caratterizza per l’invenzione di nuovi tipi di arredo, ma più che altro per la ricerca e l’ideazione di nuove forme per gli arredi. Gli arredi di modernariato si possono quindi suddividere nelle categorie tradizionali, perché quello che li distingue è soprattutto lo studio sul design legato alla loro funzione e ai nuovi materiali e processi produttivi disponibili. La genialità degli architetti che idearono questi affascinanti mobili che vanno sotto il nome di arredi di modernariato, come vedremo, si rivela soprattutto nei nuovi concetti e nelle nuove strutture per i tavoli e scrivanie, sedute, illuminazione, mobili in genere, oggetti, accessori e complementi. Ma vediamo nel dettaglio ogni categoria:

 

Sedute di design

 

uno dei più classici e iconici prodotti, quando si parla di modernariato, sono le sedute modernariato, sia che si tratti delle sedie anni ‘40 sia che invece si apprezzino divani di design, questo è uno degli ambiti in cui gli architetti hanno espresso con più forza il loro estro creativo. I primi cenni di un nuovo stile si trovano già nelle poltrone anni ‘40 e nelle sedie anni ‘40 legno, ma, in generale, a partire dagli anni ’50 si affermò progressivamente il nuovo gusto del bello, più moderno. Ecco nel dettaglio:

 

Sedie design

 

Con tutta probabilità la storia delle sedie di design affonda le sue origini nel XIX secolo con la sedia 214 di Thonet, progettata, per l’appunto, nel 1859 da Michael Thonet e conosciuta anche come sedia da caffè. Questa sedia viene ritenuta ancora oggi il primissimo prodotto industriale di successo al mondo, nonché l’origine della storia del mobile di modernariato. La sua fabbricazione era fondata su una tecnica innovativa per quel tempo: la curvatura a vapore del legno massiccio, che Thonet riuscì a perfezionare per la produzione in serie. In più, la sedia 214 di Thonet si poteva già spedire smontata in diversi componenti da assemblare, occupando pochissimo volume. Infine, l’ultima caratteristica che la rende prototipica per tutte le sedie modernariato è la sua linea semplice e leggera. Per esempio, esplicitamente ispirandosi a questa, Vico Magistretti sul finire degli anni ’80 realizza una serie di sedute di design, partendo dal modello base Silver in polipropilene e alluminio. In effetti della Silver di Vico Magistretti ne esistono versioni differenti: con o senza braccioli, girevoli su ruote, a forma di sgabelli semplici, ecc.

La storia delle sedie modernariato propriamente dette inizia però negli anni ’40 del XX secolo quando cominciano a prendere piede le idee razionaliste nella progettazione e si sperimentano nuove forme e nuove tecniche di produzione. Tra le sedie anni '40 più iconiche ricordiamo la sedia in palissandro con sedile e schienale in tessuto di Parisi per Colombo, addirittura del 1945, e la S80 di Osvaldo Borsani per Tecno, del ’49 -un’elegante sedia pieghevole in olmo con seduta imbottita.

Una delle sedie design anni ’50 più famose, nonché una delle prime che venne disegnata con ispirazione ancora tratta dallo stile nordico è la Superleggera. È una delle più conosciute e iconiche sedie Giò Ponti anni ‘50 che in realtà rimanda anche e soprattutto alla tradizione delle chiavarine, leggerissime ed esilissime sedie genovesi. In realtà, il primo prototipo si questo modello risale a una sedia in legno anni ‘40 disegnata con grande maestria e ispirazione e l’idea di sfruttare al massimo le proprietà del legno, che si chiamava semplicemente Leggera. Grazie allo stimolo di Cassina poi l’architetto studiò vari anni per arrivare alla produzione, nel 1952, del modello 646, poi ulteriormente perfezionata nel 1957 con il modello 699 Superleggera di Giò Ponti.

Alcune sedie anni ’50 appartengono a una ricerca stilistica che cerca di rifiutare il mero funzionalismo estremamente disadorno. Questo origina sedie modernariato anni ’50 progettate come architetture modulari e componibili: in cui esili strutture portanti sorreggono schienali e cuscini ambidestri.

Un’altra esemplare sedia in legno anni ’50 è la 684 di Cassina, pensata da Alberto Rosselli tutta in legno o laminato curvato, premiata alla Triennale nel 1954. Per restare in tema di sedie anni ’50 in legno, si può ricordare che nello stesso anno Carlo de Carli vince il “Compasso d’Oro” con una seduta in compensato curvato su struttura in legno massiccio sempre prodotta da Cassina.

Un’altra tendenza di questo periodo sono le sedie anni ’50 imbottite in cui una elegante e leggera struttura in tondino d’acciaio sorregge schienale e seduta resi più morbidi dalla gommapiuma. Prototipi di questa linea sono la Luca, di Paolo Tilche e Salvatore Alberio per Arform, con le sue riconoscibili tre gambe, e la DU24A di Gastone Rinaldi per Rima.

In questo decennio, poi, sono molto diffuse le sedie in formica anni ’50, materiale molto interessante perché resistente, colorato e facile da pulire e quindi molto impiegato negli arredi di quel tempo. Queste sedie in formica erano destinate però a un uso comune e massivo, come nelle scuole, e sono rarissimi gli esempi di sedie di design con questo materiale.

Gli anni ’60, da un lato, si aprono con un allontanamento dallo stile neoliberty che aveva occupato la scena precedentemente. Questo implica che si affacciano sul panorama sedie in legno di design che ricercano la perfetta forma base della sedia da cucina. Esistono quindi vari tipi di sedie con il fusto in legno e la seduta in paglia di notevole pregio stilistico: tra tutte, la Carimate di Vico Magistretti e la S3 di Luigi Caccia Dominioni. Accanto a questo, e forse ancora più predominante, è il filone di ricerca delle sedie anni ’60 imbottite, come la 107 di Frattini per Cassina o la Lierna, di Achille e Piergiacomo Castiglioni per Gavina, che con la sua raffinata intelaiatura in legno laccato e lo schienale alto tenta di raggiungere le posizione perfetta per il tavolo da pranzo.

Le sedie modernariato anni ’60 riprendono comunque gli stilemi precedenti, come è visibile nella S7 di Gastone Rinaldi per Rima che recupera sia l’idea del compensato curvato sia la struttura in tondino metallico già studiate negli anni precedenti riuscendo in ogni caso a generare una forma bella e innovativa.

Una citazione a parte merita la sedia design anni ’60 Lambda di Marco Zanuso, integralmente realizzata in foglio di lamiera stampata, che però non si rilevò economicamente sostenibile perché i macchinari richiesti per la produzione in serie avrebbero richiesto un mercato enorme.

Una testimonianza di quanto il design italiano fu apprezzato nel mondo sono le sedie Harry Bertoia per Knoll disegnate dall’artista italiano direttamente per un’azienda statunitense: sono sedie anni ’60 in metallo con cuscini in tessuto.

La ricerca di nuove forme affiancata all’apparizione e impiego di nuovi materiali non si ferma negli anni ’70. In effetti, all’inizio del decennio riscuote un successo mondiale la Plia, una sedia design anni ‘70 in acetato trasparente e tubo d’acciaio appiattito ideata da Giancarlo Piretti per Anonima Castelli. Sullo stesso filone la sedia anni ’70 di Giotto Stoppino per Driade, modello Alessia, in cui la struttura portante in tubo d’acciaio forma una base semisferica e regge una scocca monoblocco in vetroresina. Anche l’abs stampato diventa un materiale molto usato per le sedie anni ’70 colorate, come la Joint, edita da Guzzini su progetto di Massoni.

Tra le prime sedie anni 70 in legno ad apparire e distinguersi per la sua bellezza e originalità è la Iva, costituita dall’incastro di due soli elementi base in frassino. Successivamente anche una delle aziende leader nel settore torna a far parlare di sé con alcune sedie Cassina anni ’70, come la Santamaria, una sedia sovrapponibile in legno laccato progettata da De Martini, e la Cab, di Mario Bellini, in cui la struttura metallica è completamente ricoperta da un rivestimento in cuoio.

 
Sedia modernariato Sedia modernariato Sedia modernariato
 
 

Poltrone design

 

La maggior parte delle poltrone design o poltrone di modernariato è costituita da una struttura portante, nella maggior parte dei casi in tondino di metallo e di un corpo portato, imbottito o in legno. La parte imbottita, però, non è più un unico pezzo, e non è neanche più “imbottita” nel senso classico del termine: spesso è l’assemblaggio o la giustapposizione di tre o quattro parti finiti e rivestiti con l’aiuto delle macchine e spesso in materiali innovativi come la gommapiuma. Queste poltrone di design riprendono il modello della bergère antica, però quasi sempre portando in evidenza la struttura, resa essenziale e sinuosa. I progettisti di poltrone di design lavorano in stretta collaborazione con gli uffici di ricerca sui materiali e le tecnologie produttive, ma anche con i laboratori produttivi. Le nuove forme che sorgono da questo lavoro sono senza precedenti proprio perché sono le nuove tecnologie a renderla possibili e, per di più, anche nella produzione a catena. Ovviamente, anche nuovi metodi per lavorare il legno permettono di impiegare questo antico e classico materiale in innovative poltrone in legno di design.

Tra tutte le poltrone modernariato e design una delle più importanti e famose è la Poltrona LC2 di Le Corbusier che, in effetti è un po’ precursora dei tempi, perché fu progettata già nel 1928, nell’ottica razionalista: a partire dalle possibili posizioni del corpo umano Le Corbusier immagina una serie di sedute che possano sostenere tutte quelle posizioni. Inoltre, fu la prima a infrangere l’abitudine di nascondere la struttura nell’imbottitura: nel caso della Poltrona LC2 di Le Corbusier il telaio è portato all’esterno, in bella vista, e poi protetto con una cromatura a partire dagli anni ’50.

Un’altra classica poltrona anni ’30 è la Vanity di Poltrona Frau, che originariamente si chiamava “modello 904” ma a partire dal 1984 è stata ribattezzata Vanity Fair, questa seduta è probabilmente la più famosa del marchio Poltrona Frau. Il progetto risale al 1930, e sembra che sia stato completato a partire dai disegni lasciati da Renzo Frau. Recentemente questo modello è stato ridimensionato ma tra i collezionisti si ricerca ancora l’originale poltrona Frau anni ’80.

Sempre in quei fecondi anni embrionali del design, l’architetto di origine tedesche Mies van der Rohe presenta all’esposizione universale del 1929 la Barcelona Chair, in puro stile razionalista: con una struttura in metallo lucidata a mano e cuscini in pelle realizzati da artigiani. Questo prototipo viene poi adattato alla produzione in serie e diventa una delle più famose poltrone di modernariato anni ’50, la Barcelona Chair di Knoll International. Ne abbiamo parlato nel nostro blog: Poltrona Barcelona, uno dei pezzi d’arredo più amati (e imitati) al mondo - Il Blog Di Mano in Mano.

La sperimentazione sulle forme e sui materiali in Italia è fiorente già alla fine del conflitto mondiale, e lo si vede chiaramente in alcune poltrone anni ’40. Vittorio Viganò disegna per Compensati Curvati una poltrona anni ’40 composta da tre elementi assemblati, mentre Zanuso già nel 1946 presenta La Famiglia Antropus, tra le prime poltrone salotto design con imbottitura in gommapiuma.

Il design delle poltrone da salotto si confronta negli anni del Dopoguerra con i problemi derivanti dalla produzione in serie, orientandosi verso la componibilità delle sedute. Un altro accorgimento è l’utilizzo di materiali molto semplici, al limite anche poveri, come il ferro, che però con l’intuito dei geni del design possono diventare prodotti d’élite. Ne sono un esempio la Catilina di Caccia Dominioni e la 856 di Ico Parisi, due magnifiche poltrone anni ’50 modernariato.

Una bellissima poltrona anni ’50 è la Lounge Chair di Vitra, disegnata nel 1956 da Charles e Ray Eames con l’obiettivo di creare un’evoluzione delle vecchie sedie da club inglese, dal design più moderno e che fosse comoda e avvolgente come un guanto da baseball.

Tra le poltrone anni ’50 poi non si può non citare la Egg Chair di Arne Jacobsen, la prima sedia girevole rivestita, progettata per essere una rivisitazione delle poltrone antiche da lettura con lo schienale alto: comoda, avvolgente, con materiali rivoluzionari come la gommapiuma e, al contempo, garantire un po’ di privacy nei locali pubblici.

Anche le poltrone anni ’60 riprendono la caratteristiche principali che hanno reso grande il modernariato italiano: nuovi processi industriali uniti alla sapiente tecnica del lavoro artigiano e al gusto per la bellezza sedimentato dalla tradizione. Tutto ciò è sintetizzato nella leggendaria Sanluca, poltrona design di Achille e Piergiacomo Castiglioni per Gavina in cui vengono assemblati tra loro elementi indipendenti derivanti da iniezione di poliuretano e rivestimento artigianale.

Le poltroncine design anni '60 giocano sempre con più plastica e le forme ludiche che permette di generare, emblematiche di questa tendenza sono le poltrone Amanta di C&B, un grande successo anche commerciale.

La poltrona anni ‘60 forse più innovativa e geniale è la poltrona sacco di Zanotta, disegnata da Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro nel 1968 concepita in base ai principi ergonomici per adattarsi a tutte le posizioni del corpo, con un impiego di materiali innovativi. Celebre e divertentissima è la scena di Fantozzi che cerca di stare seduto su questa poltrona: Poltrona sacco e Fracchia - YouTube. Ne abbiamo anche trattato nel nostro blog: Poltrona Sacco Zanotta (1968) - Il Blog Di Mano in Mano.

La poltrona anni ’70 ricerca un’immagine molto informale, in cui le linee morbide e voluttuose esondano rispetto a un disegno preciso. Ad esempio, la Sesann e la Soriana sono poltrone Cassina anni ’70 in cui la massa voluminosa delle imbottiture viene contenuta apparentemente a stento da una esile struttura metallica.

In questo decennio prende piede anche la tendenza “pop”, e così le forme delle poltrone anni ’70 riprendono le parti del corpo piuttosto che quelle provocatorie di altri oggetti, come nella Capitello, disegnata da Studio 65 per Gufram, in cui la comodità di una poltrona contrasta con l’impressione ruvida e dura della sommità di una colonna di marmo.

 
Poltrona antiquariato Poltrona antiquariato Poltrona antiquariato
 

Divani design

 

I divani modernariato sono anch’essi un mondo pressoché infinito per quanto riguarda le forme, i materiali, le innovazioni, i progettisti e i produttori che si possono identificare nelle varie declinazioni di questo prodotto.

Il classico divano anni 40 è anonimo, di velluto imbottito a molle, con piedini tondi o conici in legno e forme molto avvolgenti.

Al contrario, nel decennio successivo molti designer si fecero riconoscere per le loro sperimentazioni e idee inaudite. Tra questi bisogna citare almeno Marco Zanuso, il cui divano anni ’50 Sleep-o-Matic per Arflex è uno dei primi divani modernariato a impiegare nastri elastici e imbottitura in gommapiuma. Un altro divano design famoso coevo è il D70 di Borsani per Tecno che concepisce un moderno congegno per modificare la sua forma.

Il divano anni 60 design vede sorgere un’azienda al di fuori della Lombardia: la Poltronova di Pistoia, forse l’unica vera eccezione alla regola che le sedute di modernariato furono prodotte tutte nella regione del centronord. Una delle sue prime produzioni è lo Zelda, un divano con la struttura in legno e l’imbottitura in piuma.

A volte poi la ricerca sui materiali porta a riscoprire elementi antichi, come il midollino, che da forma al divanetto modernariato di Tito Agnoli, per Bonacina, del 1962, chiamato P18/2.

Una tendenza di questi anni è anche quella di concepire gli spazi abitativi come ambienti attrezzati e quindi anche il divano anni ’60 spesso cerca di essere una isola fornita di tutti i confort della società dei consumi. Un esempio è il Welcome di Adalberto dal Lago.

Poltrona Frau anni ’60 produce poi il divano Smoking, nel 1966, su disegno di Sergio Mazza e Giuliana Gramigna, un divano di design con molleggio in acciaio e imbottitura in piuma.

Il divano anni 70 risente spesso dell’estetica pop, come nel caso del Bocca, di Studio 45 per Gufram, che riprende chiaramente le due labbra per comporre la sedute e lo schienale di un comodo e vistoso divano.
Un’idea geniale di Vico Magistretti ha prodotto il divano anni ’80 più bello e conosciuto: Sinbad, per Cassina, in cui l’imbottitura viene sostituita da una coperta intercambiale che si adagia elegantemente sulla struttura portante.
 

Tavoli e scrivanie di modernariato

 

Esistono varie categorie di tavoli di modernariato: a seconda della loro forma e della funzione principale per la quale sono concepiti si suddividono nelle classiche categorie di consolle design o tavolo a parete, scrivania design e tavolino da salotto design. In questo paragrafo andremo quindi a scoprire insieme tutto ciò che c’è di importante da sapere sui tavoli di modernariato.
 

Tavoli design

 

Possiamo far iniziare la storia dei tavoli di design nel 1929, quando Le Corbusier presentò il suo LC6, il primo tavolo a ricercare un’estetica razionalista e moderna, coniugando l’utilizzo di materiali innovativi e industriali, e prevedendo la realizzazione in serie. In effetti l’impiego di un semplice tubo ellittico d’acciaio dalla forma molto essenziale ripresa dall’antico tavolo a fratino (due gambe a U rovesciata unite da un’asse centrale) cercando però di trasmettere molte suggestioni tratte dal coevo molto del volo che si stava aprendo agli uomini. Per questo, il piano in cristallo del LC6 di Le Corbusier per Cassina sembra flottare sospeso nell’aria, dando un’impressione di leggerezza molto diversa dal peso delle gambe. 
Nonostante queste avanguardie, i tavoli anni ’30 solitamente riprendono caratteristiche stilistiche proprie dell’art decò, con linee voluminose e rotonde e impiallacciature di radica. In quegli anni, a Milano, opera già Osvaldo Borsani, che si sperimenta nella realizzazione di tavoli in legno di modernariato nell’azienda di famiglia. Un grande esempio del suo lavoro si ha già all’inizio del decennio successivo, periodo a cui risale un importante tavolo anni ’40 ABV presentato da FineArt. In effetti il tipico tavolo anni ’40 riprende sovente le forme importanti e ricercate dell’art decò, anticipando, però, a volte i temi che verranno sviluppati in seguito, ad esempio con il piano in vetro. Fa ecezione in questo senso Cavalletto di Luigi Caccia Dominioni per Azucena, disegnato per sé stesso nel 1941, e poi messo in produzione sul finire del decennio: una struttura molto lineare e rigorosa, semplice ma non banale, la praticità e funzionalità e la ricerca del bello nel minimalismo, cioè la summa di tutte le avanguardie del design di quegli anni. 
Come in tanti altri ambiti del modernariato e del design, anche sui tavoli la vera e propria esplosione si ha con il primo decennio successivo alla fine del conflitto mondiale. Nel 1951, per esempio, ci sono vari esemplari di tavolo anni ’50 di rilievo: Ignazio Gardella disegna per Azucena il T1, un tavolo tondo con piano in legno e basamento in ferro verniciato e piedini regolabili in ottone. Da allora, il tavolo rotondo di design è un must che verrà frequentato assiduamente da tutti i più importanti progettisti fino ad oggi, si veda Rabicano un tavolo tondo anni ‘50 in legno massello disegnato da Scoccimarro per Adrasteia nel 1957. Un altro tavolo rotondo di design importante è Nonaro di Luigi Caccia Dominioni per Azucena, con la struttura a cavalletto in metallo e piano tondo in legno, del 1961. 
A innovare le forme e la concezione del tavolo da cucina anni ’50 è anche Franco Albini che, con il suo TL3 per Poggi, porta molto all’essenziale la struttura, con il piano avvitato, che sembra solo appoggiato.  Anche Luigi Caccia Dominioni presenta, per Azucena, un esemplare tavolo soggiorno design costituito da una struttura in ferro verniciato e da un piano in cristallo contenuto da fasce cromate che si chiama, appunto, Fasce Cromate. In questo decennio in quasi ogni casa italiana entra un nuovo protagonista: il tavolo in formica anni ’50, solitamente con snelle gambe in metallo, lucido o cromato, che garantisce praticità, igiene ed economicità, oltre a portare un tocco di colore (sovente il piano di questi tavoli è blu o rosso accesso). È raro trovare in questo periodo un tavolo di design in questo materiale, però questi prodotti sono importanti per la storia del modernariato, perché anche attraverso di loro cambia lo stile degli arredi, adattando il gusto ai nuovi stilemi. 
Negli anni ’60 la tendenza è, da un lato, a continuare nella linea di ricerca neoliberty, dall’altro si assiste al tentativo di progettare arredi di design ispirati dai mobili di uso comune, ma con la forma perfezionata. Un classico tavolo anni ’60 è il T92 prodotto da Tecno su disegno di Eugenio Gerli e Mario Cristiani: un tavolo da pranzo con piano quadrato ma allargabile attraverso un particolarissimo meccanismo rotatorio e ali apribili, il tutto su struttura in metallo verniciata. Come esempio di forme studiate a partire da strutture più classiche è il bellissimo Nibay, di Tobia Scarpa per Gavina, un tavolo legno design il cui piano in legno massiccio è apribile e rotante su un perno, il tutto appoggiato su una struttura portante mobile. Continua a essere molto diffuso il tavolo anni ’60 formica però nessun progettista si lancia nell’utilizzo di questo materiale, considerato probabilmente troppo popolare. Uno dei più significativi tavoli in legno di design di questo periodo viene ideato da Mario Bellini e messo in produzione inizialmente da Pedretti e poi da Gavina. Questo tavolo anni '60 in legno meritò il premio “Compasso d’Oro” nel 1962 perché va oltre la costruzione tradizionale del tavolo, fatta da gambe, fascia e piano, sfruttando al massimo il multistrato incollato a caldo sotto pressa per ottenere una struttura unitaria. 
Anche il tavolo anni ’70 segue differenti tendenze stilistiche. Da un lato, si sviluppa molto la produzione in materia plastica, soprattutto verso linee e disegni molto informali, come il 230 di Fabio Lenci per Bernini, in cui il piano ovale è composto da sei spicchi uguali di poliuretano rigido, con il calco degli oggetti da tavola. Dall’altro lato, c’è anche un filone aulico, di produzione classicheggiante di tavoli, come ad esempio la linea di tavoli in marmo anni ’70 della Simon, disegnati da Carlo Scarpa e Marcel Breuer. Anche il cristallo la fa da padrone in questo decennio, sono innumerevoli gli esempi di tavolo vetro anni ’70, come il Ritmus di Offredi per Saporiti e il celeberrimo Marcuso di Zanuso per Zanotta, in cui il piano in cristallo è agganciato direttamente sulle quattro gambe cilindriche in acciaio. Zanotta si dimostra un produttore all’avanguardia anche quando accetta di realizzare la serie Quaderna di Superstudio, in cui la superficie laminata bianca di tavoli e sedute dal design solo apparentemente semplice e senza riferimenti stilistici è ricoperta da una quadrettatura che la rende una “superficie democratica”. Un tavolo anni ’70 in legno molto ricercato ed elegante è lo Zoarch, di Ennio Chiggio: un tavolo da pranzo rotondo, completamente costruito assemblando elementi in legno massello. Un altro tavolo in vetro di design è Lunario in cui Cini Boeri sperimenta una base eccentrica stampata in acciaio per reggere il piano ovale. Infine un esempio di tavolo e sedie design è il Boccio, disegnato da Giotto Stoppino in cui il tavolo tondo è pensato per essere unito alle sue seggiole componendo un unico volume; il tutto è in baydur. 
 

Tavolini modernariato

 

Un altro grande protagonista delle case più stilose del ‘900 è il tavolino modernariato. Come sempre, i primi esempi di tavolini modernariato risalgono al primo dopoguerra. Il classico tavolino anni ’30 è caratterizzato da forme voluttuose in stile tardo liberty o art decò, con una forte combinazione di legni chiari e scuri e impiallacciature in radica. Il tavolino anni ’40 continua lo stile del decennio precedente, evolvendo progressivamente la forma che si snellisce sotto l’influsso delle idee strutturaliste, spesso anche grazie all’impiego di piani in cristallo e vetro. Con gli anni ’50 si ragiona molto di più sulla possibilità di realizzare in serie i prodotti, a partire dall’assemblaggio di pezzi semplici. Esemplari in questo sono i tavolini da salotto anni ’50 di Vico Magistretti per Azucena (successivamente Cassina) in cui i singoli pezzi assemblati sono volutamente riconoscibili e rendono i tavolini sovrapponibili, innovazioni che gli valsero il “Compasso d’Oro” nel 1954. Il tavolino anni ’50 sfrutta anche le proprietà del compensato curvato, come quelli ideati da Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, per Frigerio, con il piano in cristallo. Altri esempi di tavolini anni ’50 molto particolari sono quello in giunco, rotondo, con foro centrale per l’ombrellone disegnato da Franca Helg e prodotto da Vittorio Bonacina e il modello 740 di Gianfranco Frattini per Cassina, in cui l’essenzialità e la linearità della struttura in legno la fa da padrone. 
Se possibile, negli anni ’60, i tavolini di design si diffondono ancora di più. Presenteremo qui velocemente alcuni dei tavolini design famosi, che risultano utili per conoscere le tendenze di questo periodo. Innanzitutto bisogna citare Personalità, di Piero Ranzani per Elam: una coppia di tavolini da salotto anni ’60 di forma quadrata o rettangolare, completamente in legno. Iconico è anche il T23 di Ugo Rivolta per Delitalia, un tavolino anni ’60 in noce, con il piano curvato come a voler contenere gli oggetti che verranno appoggiati al suo interno. Altri tavolini anni ’60 molto importanti sono Acca di Takahama per Gavina, in cui una struttura in legno riprende le forme della lettera di cui porta il nome, sovrastata da un piano d’appoggio in cristallo, e Jumbo di Gae Aulenti per Knoll, uno dei primi esempi di arredo anni ’60 in cui il marmo, da anni assente dalla scena dei mobili di design, torna protagonista. Bellissimi sono anche i Demetrio, tavolini anni ’60 di Vico Magistretti per Artemide impilabili e sovrapponibili, stampati in resina rinforzata. 
La limpidezza e la lucidità delle superfici contraddistinguono molti tavolini anni ’70: il piano in cristallo, appoggiato su un telaio metallico, è l’elemento principale dei T13 e T14 di Kinsman per Bieffeplast. Ma anche Shillings è una serie di tavolini anni ’70 in cui il supporto -questa volta a forma di cuboide flottante- è solo il pretesto per risaltare la superficie a specchio. 

 

Illuminazione design

 

Le lampade di modernariato sono tra gli oggetti più ricercati e classici da tutti gli amanti del design. Negli anni del dopoguerra si sviluppa un’attenzione molto particolare, ancora prima che da parte del pubblico, da parte dei visionari designer attivi in quegli anni. Gino Sarfatti, Achille e Piergiacomo Castiglioni, Luigi Caccia Dominioni, Ignazio Gardella, sono solo alcuni dei progettisti più all’avanguardia nella sperimentazione e studio sul tema della luce. Anche nel campo delle lampade modernariato e lampade design vale quanto detto per le altre categorie di arredo: le ispirazioni vengono dai coevi modelli nordeuropei e dalla revisione delle tradizioni passate, la novità è la produzione in serie e la ricerca di nuovi stilemi anche grazie alle nuove tecnologie. Si possono dividere le lampade di modernariato in quattro grandi categorie: le lampade da parete, o applique, le lampade da tavolo o da comodino, i lampadari a soffitto e le lampade da terra.

 

Applique modernariato

 

Le lampade a parete di design, normalmente chiamate applique modernariato, sono il campo della ricerca e dell’applicazione di peculiari tecnologie all’illuminazione. In questo ambito, apre la strada Azucena, un’azienda molto esclusiva e strettamente milanese che si caratterizza per l’utilizzo di ottoni lucidati e vetri soffiati, ma anche vetri industriali, in lavorazioni che mantengono sempre la raffinatezza della produzione artigianale. Un esempio è la LP5 di Gardella, una applique anni ’50 con braccio e placca in ottone lucido e riflettore in vetro pressato prodotta a partire dal 1954. Nonostante il gusto del pubblico chiedesse ancora applique anni ’40 con pendagli e uno stile più arcaico, Sarfatti stava già studiando applique per il soggiorno il cui design era legato a un sistema di illuminazione che si dipanava su tutte le categorie. Ne è un esempio la 191, in produzione da Arteluce dal ’51, in cui i riflettori della luce osano già il metallo laccato con vari colori. Tra le applique anni ’60 vale la pena citare la Clio, disegnata da Sergio Mazza per Artemide, che è una applique di design con diffusori della luce semisferici in vetro opalino bianco e montatura in ottone nichelato. Una applique anni ’70 importante è la Quarto, prodotta da Flos su disegno di Tobia Scarpa, con un elegante e semplice riflettore in metallo e diffusore in policarbonato trasparente.

 
Applique modernariato Applique modernariato Applique modernariato


Lampade da terra modernariato

 

Già nei primissimi anni ’50 le lampade da terra modernariato si fecero notare con alcuni modelli precursori dei tempi. Luigi Caccia Dominioni disegnò il modello Lte1 che è una lampada da terra anni ’50 con asta in ottone lucido, diffusore e base anch’essi in ottone o alluminio ma verniciato. Una creazione particolare è la lampada da terra design di Sarfatti n. 1050, con un riflettore snodabile che diffonde la luce emessa verso di lui. Lo stile evolve con coerenza e tra le lampade da terra design anni ’60 troviamo la Papavero, di Achille e Piergiacomo Castiglioni con un piano tondo in marmo, un fusto lineare in ottone e la lampadina specchiata per rivolgere la luce verso il basso. Nel decennio successivo le lampade da terra seguono il design anni ‘70, immaginando nuove forme più importanti e avveniristiche. Ne è un esempio la Golden Gate, di Nanda Vigo per ArredoLuce, una lampada da terra anni ‘70 in acciaio che parte da un imponente basamento per chiudersi con un grande arco in cui un tubo fluorescente a vista la fa da padrone.

 
Lampada da terra modernariato Lampada da terra modernariato Lampada da terra modernariato
 

Lampade da tavolo design

 

Gli studi sul design delle lampade da tavolo, cioè quelle piccole fonti di illuminazione appoggiate a un piano e facilmente spostabili, inizia già negli anni ’30. In quel decennio, sono soprattutto le lampade da comodino anni ’30 a farla da padrone, e i modelli più diffusi sono in stile Bauhaus o art decò. È però nel dopoguerra che si sviluppano vere e proprie lampade da tavolo di modernariato, in cui i maestri dell’architettura e della produzione artistica in serie hanno giocato con i materiali e le forme per produrre degli oggetti di culto. Tra questi non poteva mancare Ettore Sottsass che, negli anni ’50, firmò per ArredoLuce una lampada da tavolo di design con cappello rovesciabile e tre esili gambe metalliche con appoggio stondato.

Curiosa è la storia della Flos, che nasce dalle sperimentazioni della Eisenkeil di Merano sul cocoon, un innovativo materiale plastico per la diffusione della luce che si concretizzarono nelle lampade da tavolo anni ’60 chiamate Taraxacum, Viscontea e Gatto prima ancora della nascita delle lampade da tavolo Flos. Questa azienda subito in collaborazione con due grandi maestri, Achille e Piergiacomo Castiglioni, mise in produzione nel 1962 la lampada da tavolo di design Taccia, a luce indiretta, diffusore orientabile in vetro e riflettore e base in metallo verniciato.

Nel decennio successivo, poi, le lampade da tavolo di design famose abbondano ancora di più. Per cominciare possiamo citare la Frine, una lampada da tavolo anni ’70 con schermi a valve che, se chiusi, oscurano completamente la fonte luminosa ma, aperti con un comando elettrico a mo’ di petali di fiore, lasciano vedere il diffusore di vetro opalino sferico. Le lampade da tavolo anni ’70 ricorrono poi all’espediente di mantenere un braccio flessibile per poter orientare il flusso di luce, come la Hebi di Hosoe per Valenti e la 993, di Pia Guidetti, per Lumi. Nello stesso periodo Sarfatti è tra i primi a firmare una lampada da comodino anni ’70 che funziona con lampadina alogena da 12 volt: è la 607, prodotta da Arteluce. Anche in questo periodo Achille Castiglioni crea dei veri e propri pezzi da collezione con alcune lampade da tavolo Flos anni ’70, come la Lampadina, una lampada che può anche essere montata a parete e che consiste in una base metallica che sostiene una grande lampadina a bulbo parzialmente satinata.

 
Lampada da tavolo modernariato Lampada da tavolo modernariato Lampada da tavolo modernariato


Lampadari design

 

Anche tra i lampadari di design i progettisti della gloriosa epoca del modernariato si sbizzarriscono nella ricerca di nuove forme. Ci sono lampadari a soffitto di design che riprendo e modernizzano stili più antichi, ad esempio è impossibile non notare la citazione dei classici lampadari a goccia nel bellissimo lampadario di modernariato di Gino Sarfatti, per Arteluce, del 1958 in cui numerosissime lampadine in vista appoggiate su delicati bracci smontabili richiamano proprio le forme precedenti. Non mancano però, ovviamente lampadari di modernariato con strutture molto differenti, come il Triclino di Vico Magistretti per Artemide in cui la struttura di ottone sostiene tre globi diffusori in vetro opalino bianco. Anche in questo caso Flos si fa avanguardia nella sperimentazione sui materiali con alcune lampade a soffitto di design firmate da Tobia Scarpa nel 1963: la Fior di Loto, completamente in ottone, la Nuvola, in cocoon, e la Nigritella, in metallo e cristallo. Negli anni ’70 il lampadario modernariato è ancora una volta disegnato secondo le proprietà dei nuovi materiali: emblematico è il caso del Lampenudo in cui il protagonista è il tubo fluorescente, che risulta sospeso e libero nello spazio.
 

 

Questi sono solo alcuni dei pezzi iconici del ‘900. Nei nostri magazzini sono passati tutti questi oggetti, ma non solo! Giornalmente studiamo ed esponiamo tantissimi altri arredi anni ‘30, ‘40, ‘50, ‘60, ‘70 e ‘80. Scoprili tutti nel nostro catalogo online e nei nostri negozi di Di Mano in Mano Milano e Cambiago.

 
Lampadario modernariato Lampadario modernariato Lampadario modernariato
 

Quali sono i migliori anni nella storia del design e del modernariato?

 

Inizialmente il concetto forma = funzione fece da padrone. Negli anni ‘60 nasce il design democratico; le case di milioni di persone si colorano grazie alla plastica che consente di creare nuove forme, impensabili fino a quel momento. Gli anni '70 furono un periodo di grandi conquiste sociali e di significativi cambiamenti nel modo di comunicare, vestirsi e arredare. Si afferma la voglia di provocare e stupire attraverso scelte eclettiche e stravaganti, scelte rese possibili anche grazie alle affermate tecnologie di produzione. Nell’arco di questi anni sono stati prodotti arredi e oggetti di design che sono diventati delle vere e proprie icone. Alcuni dei più famosi sono:

 

Anni ‘30 e ‘40

 

Lo stile caratteristico dell’arredamento anni ‘30 e ‘40 è lo stile art decò, che potremmo definire con lo stile intermedio tra antiquariato propriamente detto e modernariato a tutti gli effetti. Lo stile art decò prende il suo nome dall’Esposizione Internazionale delle arti decorative e industriali moderne (Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes) di Parigi del 1925. Questo stile si sviluppa in contrapposizione con il precedente, lo stile liberty, caratterizzato da disegni curvilinei e floreali, ispirati alla natura. Anche per questo l’art decò predilige curve ampie e disegni geometrici, zig, zag, colori vivaci e brillanti, materiali di rivestimento lucidi e preziosi, essendo principalmente uno stile decorativo. I materiali impiegati nell’arredamento anni ‘30 art decò sono molto variegati come inserti in metallo e avorio, pelli di serpente e coccodrillo, vetro resistente, radica di vari tipi di legno e gioielli. Le recenti scoperte archeologiche e l’ampliamento dell’orizzonte culturale portarono l’ispirazione dell’arredo anni ‘30 a privilegiare i motivi etnici, dall’Africa, dall’Egitto antico come anche dall’Estremo Oriente.

Il clima culturale di quegli anni è ben rappresentato dal celeberrimo libro “Il Grande Gatsby”: c’era la voglia di lasciarsi alle spalle gli orrori della Prima Guerra Mondiale e godersi la vita anche grazie alle nuove invenzioni moderne: grattacieli, aerei, radio… La musica che ben rappresenta questo clima e si abbina perfettamente con l’arredamento casa anni ‘30 di quegli anni è la musica jazz.

In queste circostanze, infatti, furono concepiti alcuni nuovi tipi di arredi, legati al diverso stile di vita moderno, ad esempio i mobili per la radio e il grammofono e il mobile bar anni ‘40 chiamato anche armadietto da cocktail. Furono principalmente mobili prodotti in serie limitate a partire dal design di architetti di grido.

In Italia, per quanto riguarda l’architettura, questo stile divenne quello più caratteristico del regime fascista. Per quanto riguarda l’arredamento casa anni ‘30, venne istituita la “Triennale milanese”, fino ad oggi principale esposizione delle innovazioni nel mondo del design e dell’industria mobiliera nazionale. In effetti, già prima della Seconda Guerra Mondiale, Milano divenne la capitale del disegno industriale grazie al lavoro di alcuni rinomati maestri, come Giò Ponti, che collaborò con i magazzini La Rinascente e fondò le riviste Domus e La casa bella che da allora, soprattutto la prima, sono i luoghi privilegiati del dibattito sul design fino ad oggi. A Giò Ponti dobbiamo alcune bellissime sedie anni ‘40 come anche tavoli anni ‘40 che furono anticipazione dello stile che si sviluppò nel decennio successivo.

Tipici di questo periodo sono anche le poltrone anni ‘40 e i divani anni ‘40: enormi, morbidi, avvolgenti e con decorazioni vistose. Le camere da letto art decò sono caratterizzate da petineuse con specchi grandi e cassetti laterali con colori chiari e inserti e decorazioni in ottone, comodini anni ‘40 voluttuosi e curvilinei, spaziosi e ricercati, e non può mancare un armadio anni ‘40 con impiallacciatura in radica, inserti in ebano e essenze pregiate e metalli nobili, come l’ottone.

Il declino dell’art decò fu dovuto, tra altri fattori, alla diffusione in grande scala della produzione in serie, che gli fece perdere quell’aura di esclusività che lo rendeva molto attraente. Così, l’arredo anni ‘40 lasciò spazio a una maggiore austerità stilistica e produttiva legata alla guerra. Un esemplare di poltrona anni ’40 estremamente all’avanguardia e anticipatrice di temi e stili che resteranno in auge per tutto il periodo successivo essendo oggi ritenuti classici è la poltrona a cavalletto chiamata Ca 832 con gambe in legno incrociate disegnata da Franco Albini per Cassina già nel 1946.

Ci fu poi negli anni ’60 un grande interesse e una ripresa dell’arredamento stile anni ‘30 e dell’arredamento stile anni ’40 ed è in quel periodo che venne principalmente utilizzato il termine art decò, che invece i coevi conoscevano anche come “stile 1925” o stile “moderno aerodinamico”.

 

Anni ‘50

 

Gli anni ’50, in Italia sono il periodo in cui si affermano alcune tendenze iniziate nell’immediato dopoguerra, nel pieno della ricostruzione, e che daranno origine al bellissimo arredamento anni ’50. In quegli anni, non c’era ancora la cultura del design e gli architetti italiani procedevano ancora in “ordine sparso” nello sviluppare progetti e nuovi concept. In particolare, le principali innovazioni nell’ambito del design industriale, inteso come ricerca del bello nei prodotti in serie, si ritrovano più nel mondo dei “nuovi” prodotti meccanici: come la Vespa e la Lambretta, le macchine da scrivere Olivetti e le berlinette Cisitalia. L’arredo anni ’50 faticò un po’ a trovare un ambiente fertile e una richiesta di mercato perché il gusto delle masse, all’inizio di quel decennio, era ancora legato a mobili più classici. Nonostante questo, già nei primissimi anni ’50 è notevole la produzione di visionari architetti come i già citati Giò Ponti e Franco Albini, ma anche Marco Zanuso, che, ispirandosi liberamente allo “stile scandinavo” che si era già affermato nel nord Europa e in America, aprirono la strada allo straordinario arredamento anni ‘50 italiano. Dove potete assistere a tale meraviglia?
Che domanda banale e a dir poco scontata, è ovvio che potete trovarlo da noi, attraverso i nostri mobili scandinavi usati. Tutt’ora avere una casa stile anni ’50 è sinonimo di uno stile elegante e ricercato, che viene apprezzato in tutto il mondo. Importantissima in quegli anni fu la istituzione da parte dei magazzini La Rinascente del premio “Il Compasso D’Oro” che, a partire dal 1954, è assegnato ai prodotti industriali con più alto valore artistico. In ogni caso, progressivamente lungo tutti gli anni ‘50, gli influssi dello stile nordeuropeo e i nuovi stili di vita aprono le porte e le case degli italiani ai nuovi prodotti dell’industrial design, che piano piano, si fanno largo nelle case e nei gusti degli italiani e che tutt’ora sono ricercati come arredo vintage anni ’50.

Un esempio notevole di arredo vintage anni ’50 è la poltroncina Luisa, disegnata sempre da Albini proprio nel 1950, con la struttura in legno di palissandro o noce e seduta e schienale imbottiti. Restando nell’ambito delle poltrone anni ’50 modernariato è importantissimo notare la grande innovazione tecnica di questi anni con l’introduzione della gommapiuma in sostituzione dell’antico imbottito, introdotta da Marco Zanuso per Arflex, in collaborazione con Pirelli, e derivata dagli studi per gli interni automobilistici, per esempio la Martingala che riprende le linee della Fiat 1400. Non si contano poi gli esempi di poltrone anni ’50 che si appoggiano su gambe leggere e sinuose, in legno ricurvo o in metallo e hanno uno stile avvolgente e super confortevole, valga su tutti la produzione di Osvaldo Borsani per Tecno- un’azienda che nasce con la vocazione di utilizzare materiali innovativi come gomma, gomma sintetica, metalli fusi, tutti lavorati con tecnologia d’avanguardia.

Il divano anni ’50 segue un po’ lo stesso stile della poltrona di design coeva: si distinse anche in questo l’azienda Cassina, spesso su disegni di Giò Ponti, come il divanetto imbottito senza braccioli chiamato 852.

Un grande classico di questo decennio è il tavolo tondo anni ’50, ad esempio il tavolo con struttura in ferro monopiede che cerca il minimo ingombre per sorreggere il piano tondo in legno, di Ico Parisi per Xilografia Milanese, del 1954. Anche nei tavolini da salotto anni ’50 la ricerca di nuovi materiali essenziali ma eleganti si rivela come nel tavolino Mangiarotti e Morassutti del 1952 con gambe in compensato ricurvo e piano in cristallo. Uno dei tanti tipi di modernariato mobili anni 50, relativamente recenti, che la fa da padrone in questi anni è poi la scrivania anni ’50 di cui Gianfranco Frattini per Bernini realizzò una iconica declinazione sotto forma dello scrittoio in legno di noce o jacaranda con serrandine avvolgibili e cassetti.
Per nostra fortuna possiamo ancora assistere al modernariato anni 50.

 

Anni ‘60

 

Gli anni ’60 sono un periodo estremamente fertile per il design. C’è un fortissimo fervore da parte dei progettisti e degli architetti nel creare nuovi prodotti, accolto da una equale disponibilità dei produttori nel realizzarli e un grande entusiasmo da parte del pubblico nel riceverli nella propria casa stile anni ’60. Il dibattito stesso sugli aspetti ideologici, metodologici ed estetici del design è fervido e addirittura duro, a tratti, ma tutto questo giova moltissimo allo sviluppo e all’eccellenza dell’arredo anni ‘60. Si può dire che la civiltà del design che è andata formandosi dall’immediato Dopoguerra raggiunge qui la piena maturazione (G. Gramigna, Repertorio del Design Italiano 1950-2000 per l’arredamento domestico, 2002). Sono soprattutto le materie plastiche a essere al centro del dibattito sul design anni ‘60: come è meglio impiegare queste nuove materie? Quali forme nuove è possibile ottenere? Come adattare o modificare le forme precedenti sfruttando al meglio le potenzialità dei nuovi materiali? Leader di questo settore è senza dubbio l’azienda Kartell, i cui punti di chiave sono materia plastica, industrial design e tecnologia produttiva e riesce costantemente a realizzare oggetti di alto livello qualitativo e stilistico. L’idea guida dell’arredamento anni ‘60 è quella di ripensare radicalmente gli ambienti abitati dall’uomo: casa, ufficio, ma anche l’interno dell’automobile, secondo logiche formali coerenti se non proprio univoche. Si producono così pezzi visivamente semplici che però sono costati anni di studi e sperimentazioni per far combaciare le istanze materiali, estetiche, economiche e produttive. Questo grande valore aggiunto genera poi il riconosciutissimo arredo vintage anni ’60. Valga su tutti l’esempio della sedia design anni ’60 disegnata da Zanuso e Sapper per Kartell completamente in plastica e impilabile per bambini, chiamata K1340.

Un’altra importantissima azienda che vede la luce in questo decennio è Artemide, fondata da Ernesto Gismondi e Sergio Mazza, che collaborò in maniera esemplare con numerosissimi designer. Tra i più importanti dobbiamo almeno citare Vico Magistretti, Livio Castiglioni e Gae Aulenti.

Non è però da trascurare nemmeno la storia dei mobili modernariato in legno, che vede comunque in questo decennio la produzione di importantissimi e numerosissimi pezzi di design. I marchi che principalmente dominano la scena sono quelli già attivi negli anni precedenti: Poggi, Gavina, Tecno, Cassina. Anche se rimangono fedeli al legno come materia principale dei mobili, lo spirito di iniziativa, la genialità produttiva, le novità, le forme nuove non mancano di certo. Sono numerosi i progettisti che collaborano con queste aziende: Giovanni Michelucci, Sergio Cammilli, Osvaldo Borsani, Tobia Scarpa, Franco Albini, Carlo de Carli, tra i tanti.

È all’inizio di questo decennio che si inizia a tenere a Milano il Salone del Mobile, che riscuote grandi attenzioni ancora oggi e permette di scambiare le idee sul design di mobili e in generale sull’arredo design.

La ricerca nei mobili di design anni ’60 va molto in direzione della semplicità formale, e anche della modularità. Si cercano di costruire librerie anni ‘60 composte da moduli che si possano assemblare tra loro adattandosi ai locali e alle esigenze degli utilizzatori. Ci sono però anche divani di design.

 

Anni ‘70

 

Un riconoscimento importantissimo al design italiano arriva in questo decennio, ma è riferito soprattutto agli anni precedenti, dal Museum Of Modern Art di New York che, nel 1972, celebra l’Italian Look con un mostra intitolata “The New Domestic Landscape” dedicata proprio all’alta qualità e al valore artistico dei prodotti che oggi si conoscono come modernariato italiano. Anche per questo abitare in una casa stile anni ’70 è sicuramente un valore aggiunto alla qualità della vita.

Il contesto socioeconomico degli anni ’70 è caratterizzato dalla stagnazione, dalla crisi petrolifera e dalle tensioni sociali, ma questo non necessariamente ha inibito la ricerca e lo slancio creativo, anzi. Almeno per quanto riguarda l’arredo anni ’70 e l’abbigliamento vintage questo decennio corrisponde a una rinnovata espansione produttiva. Si può dire che nei primi anni la sperimentazione e la ricerca di nuovi materiali si realizza anche un po’ a scapito dell’accuratezza tecnica, mentre sul finire del decennio la qualità produttiva si innalza moltissimo.

I progettisti sono sempre più integrati nelle aziende e nel processo produttivo, e prestano molta attenzione agli ambiti reali di uso degli oggetti anni ’70.

A dettare lo stile più di altri nel modernariato anni ’70 è probabilmente Ettore Sottsass, ma, in generale, si può dire che la ricerca estetica risente del clima di ribellione sociale iniziato già nella seconda metà degli anni ’60.

In linea di massima, l’arredamento casa anni ’70 segue i principi della componibilità con un gusto per i colori forti, accessi, e le dimensioni relativamente ingombranti.

 

Quali sono i più grandi designer della storia?

 

Come accennato, la storia del mobile di modernariato come degli oggetti di modernariato è stata fatta soprattutto grazie alla genialità di alcuni grandi designer. Queste personalità hanno saputo unire le nuove tecnologie produttive con la ricerca del bello e la funzionalità richiesta dal nuovo stile di vita. Sicuramente, è anche grazie alle ispirazioni e al lavoro di questi architetti o progettisti -come venivano chiamati e che oggi conosciamo come designer che lo stile italiano ha raggiunto la fama e il riconoscimento di cui gode oggi nel mondo. Prima di presentare quella generazione d’oro di maestri che sono nati nei primi decenni del secolo scorso, si sono formati al Politecnico di Milano negli anni ‘30 e hanno operato a Milano nel Dopoguerra, è necessario fare un’introduzione tratteggiando brevemente quegli artisti internazionali che hanno aperto la via a nuove concezioni produttive. Ecco, quindi, una breve carrellata dei più grandi designer del modernariato internazionale:

 
  • Le Corbusier (Svizzera 1887 – Francia 1965): All’anagrafe Charles-Edouard Jeanneret, ma universalmente noto con il nome d’arte Le Corbusier è uno degli architetti che più hanno influenzato e innovato il design nel XX secolo.
  • Arne Jacobsen (Copenaghen 1902 – 1971): Tra i pionieri e maestri del design nordeuropeo, che ha successivamente ispirato, almeno nel primissimo dopoguerra, il design italiano, c’è Arne Jacobsen.
  • Marcel Breuer (Ungheria 1902 – New York 1981): Lavorò sempre nel mondo dell’architettura e del design e fu molto importante per il design italiano perché Dino Gavina negli anni ‘60, con la sua azienda, mise in produzioni i suoi progetti di mobili di design in acciaio tubolare degli anni ’20.
  • Charles Eames (Saint Louis 1907 – 1978): È stato senza dubbio uno dei padri fondatori del design moderno, avendo aperto la strada a nuove forme, all’impiego di nuovi materiali e soprattutto per aver portato in auge il concetto di unità di forma, materiale e procedimento, attualmente molto consolidato nel mondo del design.
  • Eero Aarnio (Helsinki 1932 – in vita): È un designer ancora vivente finlandese che ha contribuito all’innovazione della storia del design. La sua creazione più importante è la ball chair: una poltrona molto simbolica che risulta da un sfera troncata.
  • Philippe Stark (Parigi 1949 – in vita): È un geniale, famosissimo, provocatorio e prolifico designer. Nella sua vita ha progettato oggetti diversissimi tra loro: dagli spremiagrumi alle navicelle spaziali, dai grattacieli agli smartphone, si dice abbia completato più di diecimila creazioni.
  • Giò Ponti (Milano 1891 – 1979): Si laurea nel primo dopoguerra e inizia subito a lavorare per Richard Ginori. Questa azienda gli permette di ridefinire completamente lo stile delle sue produzioni, così le ceramiche Giò Ponti vinsero anche riconoscimenti internazionali all’Expo di Parigi del 1925.
  • Ettore Sottsass (Innsbruck 1917 – Milano 2007): Fu un importante designer attivo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Anche lui molto eclettico, si dedicò sia ai lavori di architettura sugli edifici sia alla progettazione di oggetti d’uso comune come vasi e calcolatrici. Il suo stile è molto provocatorio, in linea con il clima di ribellione e della voglia di rompere i tabù degli anni ’70 e ’80.
  • Fratelli Castiglioni (Livio, Piergiacomo e Achille): Figli di uno scultore milanese, tutte e tre i fratelli studiano al Politecnico di Milano e fondano uno studio di design da cui Livio esce presto lasciando lo studio in mano ad Achille & Pier Giacomo Castiglioni. Quando poi Achille Castiglioni muore nel 1968, a portare avanti per più di venti anni ancora lo studio è Achille Castiglioni.
  • Marco Zanuso (Milano 1916 – 2001): Anche i dati principali della biografia di Marco Zanuso lo collocano in quell’ambiente che tantissimo ha dato al mondo del design e del modernariato. Come i fratelli Castiglioni e Giò Ponti nacque a Milano, studiò al Politecnico e condusse lì la sua attività lavorativa.
  • Gae Aulenti (Palazzolo della Stella UD 1927 – Milano 2012): Anche Gae Aulenti si laurea in architettura al Politecnico di Milano e si impegna successivamente nel design e nella ricerca teorica sui temi dell’estetica, anche con la direzione di riviste specializzate.
  • Osvaldo Borsani (Varedo 1911 – Milano 1985): Anche Osvaldo Borsani rientra nel lungo elenco di grandi maestri del design che sono cresciuti nella pima metà del ‘900 nel milanese, laureandosi in architettura al Politecnico di Milano. Inizia a lavorare già negli anni ’30 nell’azienda di arredi di famiglia, progettando mobili art decò. Negli anni ’50 fonda anche l’azienda Tecno, rinomata per la sua attenzione alla tecnologia nel design di mobili prevalentemente per ufficio.
 

Come funziona la vendita mobili modernariato?

 

Di frequente per il bisogno o la voglia di cambiare lo stile dell’arredamento, oppure in fase di trasloco o dopo aver ricevuto un’eredità, si decide di vendere oggetti di design o vendere mobili modernariato. Nell’attualità, si sono moltiplicati i canali e le modalità tecnologiche per la vendita mobili design online, però non è per nulla semplice saper valorizzare e proporre i propri mobili di modernariato per la vendita: si rischia di perdere molto tempo e sforzarsi in attività che non sono efficaci. Si moltiplicano le piattaforme e le modalità di vendita online dei mobili design ed è quasi impossibile districarvisi. Noi di Di Mano In Mano ti offriamo la semplicità, l’affidabilità e la competenza di chi opera da molti anni giornalmente nel mondo della vendita mobili design per supportarti nel processo di vendita mobili design. Puoi contattarci in tutti i modi per vendere design online: telefonaci, scrivici via mail o via WhatsApp, compila il form in questa pagina, visitaci nel nostro negozio di modernariato. Una volta che avremo ricevuto le foto dei tuoi arredi d’antiquariato li valuteremo e ti faremo una proposta d’acquisto. Di Mano In Mano è senza dubbio la scelta più conveniente per vendere design.

 

Posso noleggiare mobili di modernariato?

 

Molte volte può esserci la necessità di utilizzare arredamento modernariato per breve tempo, come per un evento o delle riprese cinematografiche, però non si è interessati ad acquistarlo. È in questi casi che è meglio orientarsi al noleggio di mobili di modernariato. Se, per esempio, vuoi organizzare un evento in stile anni ’50, o vuoi dare un ricevimento vintage in una casa stile anni ‘60, oppure ancora stai allestendo una rappresentazione teatrale ambientata negli anni del boom economico e vuoi una scenografia originale, o sogni un matrimonio in stile anni ‘70, in Di Mano In Mano puoi comodamente affittare arredamento modernariato e oggetti design per il tempo di cui hai bisogno.
 

È possibile avere finanziamenti per acquisto mobili modernariato?

 

Sì, abbiamo attivato la possibilità di ottenere finanziamenti per acquisto mobili modernariato direttamente online. Puoi calcolare il costo del finanziamento per mobili direttamente dal nostro shop online di design, scegliendo l’opzione finanziamento acquisto mobili dopo aver inserito il prodotto di tuo interesse nel carrello. Scopri tutto sui finanziamento antiquariato a questa pagina.

 

Come funziona il restauro su mobili di modernariato?

 

Sia in fase di acquisto sia per arredi modernariato già in tuo possesso, Di Mano In Mano ti offre il servizio di restauro modernariato. Da più di dieci anni abbiamo aperto anche un completo laboratorio di restauro mobili Milano in cui lavorano sei soci esperti e una decina di collaboratori che hanno imparato il restauro anche degli arredi di modernariato, una sorta di modernariato vintage rimesso a nuovo. Da vari anni, effettuiamo anche il restauro di lampadari, per rimetterli in funzione e sicurezza. Siamo anche attrezzati per rifacimento tappezzeria sedute modernariato, con disponibilità di tantissimi tipi di tessuti, colori e texture.

 

Come funziona il servizio imballaggi, spedizioni e consegne dei mobili di modernariato?

 

In Di Mano in Mano siamo equipaggiati e organizzati per la spedizione e la consegna in tutta Europa dei nostri mobili di modernariato. Al momento dell’acquisto, scegli se preferisci affidarti esclusivamente al servizio di smontaggio e imballo o se preferisci servirti di uno dei corrieri con cui collaboriamo per la spedizione. Oppure, se vuoi, possiamo consegnare e montare direttamente noi i mobili modernariato che hai acquistato presso di noi. Contattaci per WhatsApp, e-mail, o telefonaci!